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giovedì 30 aprile 2009

Riccardo Marasco all'Istituto di Scienze Militari dell'Aereonautiche

da Aeronautica.difesa.it


"L'Istituto di Scienze Militari dell'Ae
reonautiche ed i Rotary Club del territorio fiorentino insieme per la solidarietà"

L'Istituto di Scienze Militari dell'Aereonautiche ed i Rotary Club del territorio fiorentino insieme per la solidarietà.

Si rinnova l’impegno dell’Istituto di Scienze Militari Aeronautiche (ISMA) di Firenze nel campo della solidarietà e delle iniziative di carattere sociale. Lunedì 27 aprile, infatti, all’interno dei locali dell’Istituto, si è svolta, in collaborazione con i Rotary Club del territorio fiorentino, una serata culturale con finalità di carattere benefico, sul tema del risorgimento italiano.

I circa 150 invitati, tra cui numerose personalità di spicco del mondo finanziario, industriale e commerciale della città di Firenze, hanno assistito nell'Aula Magna dell'Istituto ad un particolare concerto, tenuto dal maestro Riccardo Marasco, noto musicista fiorentino, che ha eseguito una serie di canti ed inni patriottici risalenti al periodo risorgimentale, ognuno dei quali è stato introdotto dallo stesso artista con dovizia di particolari storici.

A seguire, il prof. Domenico Maria Bruni, Docente universitario di storia, ha tenuto una lezione sul Granducato di Toscana rievocando i gloriosi fatti storici, del 27 aprile di 150 anni fa, che portarono la Toscana all’Unità d’Italia.

La serata è poi continuata con un momento conviviale all’interno del quale è stata promossa una raccolta di fondi a favore del reparto oncologico dell’ospedale 'Anna Meyer', struttura medica pediatrica di rilevante importanza non solo per la città di Firenze.

Il generale di brigata aerea Settimo Caputo, Comandante dell’ISMA, al termine dell’evento, sottolineando l’attenzione che l’Aeronautica Militare riserva ad iniziative di carattere benefico e di solidarietà, ha consegnato, oltre ai fondi raccolti, il crest dell’Istituto alla rappresentante dell’Ospedale, dott.ssa Gabriella Bernini.

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venerdì 17 aprile 2009

In-forma Firenze - "Riccardo Marasco ultimo paladino del patrimonio vocale"

Da In-forma Firenze dell'aprile 2009
di Luca Campostrini

È indubbiamente la voce più significativa della musica tradizionale toscana, ma soprattutto è un vero cultore dell'antico patrimonio vocale italiano. Ricercatore di antichi brani di musica popolare, Riccardo Marasco è altresì laureato in Ingegneria Elettronica e ha frequentato corsi di Teologia per laici. I non comuni mezzi vocali che possiede gli consentono di sconfinare con estrema disinvoltura dal genere sentimentale al comi¬co, dal popolare al colto, dal religioso al politico.

Informa Firenze - Riccardo MarascoDottor Marasco, le dà maggior soddisfazione riuscire a trovare una canzone che si considerava persa per sempre, oppure comporre un nuovo brano?
«Direi il ritrovamento di vecchi testi, perché capisco subito se ciò che ho recuperato è importante, Quando componi invece non senti mai concluso il lavoro, ci ritorni sempre e spesso devono passare anni prima di avere la conferma dal pubblico che la tua canzone ha fatto centro».

Si considera più interprete o più autore?
«Mi considero perlopiù inter¬prete, perché nel aiuto metto il cuore. Per me il canto è interpretazione, non virtuosismo: del classico "do di petto", dovendo scegliere, non me ne importa niente, se uno lo fa, tanto meglio».

Pregi e difetti di Riccardo Marasco?
«Un difetto forse è stato quello di sperare di poter fare la mia strada senza dover rendere conto ad altri, pensando ad esempio: "Non mi vuoi? Faccio a meno di te, vado avanti da solo". Invece non vai avanti, . perché siamo in Toscana, in un sistema che avrebbe bisogno di sinergie e invece è fatto da persone che non vogliono collaborare, c'è solo un gran¬de e sterile individualismo, un isolamento che non porta vantaggi a nessuno».

Un suo pregio?
«Non sono mai cattivo, non ho mai avuto astio o invidia verso il mio prossimo».

Scegliere la via dell'arte. le creò disagi agli inizi?
«Sì nella misura in cui la mia famiglia non ne voleva sapere: i parenti si vergognavano di me, strappavano addirittura le recensioni sui giornali che mi riguardavano. Arrivai al punto di esibirmi - quando' ero a Firenze al "Cab 65", che avevo inaugurato con Caterina Bueno - con lo pseudonimo "Mario" in locandina, affinché loro non mi riconoscessero».

Come si coniuga in lei l'inclinazione per la razionalità, testimoniata dalla laurea in Ingegneria Elettronica, con l'arte e la cultura?
«Mi ha sempre affascinato la mentalità pragmatica dei.ma¬tematici. Detto questo, scelsi Ingegneria perché ai miei oc¬chi rappresentava la sicurezza . per il futuro, ma è stata una fatica enorme perché la mia natura era la musica Ad ogni modo i lunghi studi scientifici mi hanno lasciato una grande forma mentale per le ricerche; sono rimasto• ingegnere in quanto a capacità di metodo¬logia, di applicazione».

I corsi di. Teologia cosa le hanno lasciato?
«Mi hanno rinforzato nella fede e mi hanno lasciato una stabilità di struttura morale che mi ha permesso di lottare oltre la delusione».

Come entrò in contatto con la chi1arra-1yra, l'ormai fumoso strumento a forma di piuma con cui lei spesso si esibisce?
«Attraverso le carte di mio bisnonno scoprii che era esistito un personaggio, Italo Meschi, un musico-cantore che visse in Lucchesia fra 1"800 e il '900, che aveva posseduto una chitarra Lyra detta "Ala d'aquila". la cosa. mi interessò e dopo innumerevoli ricerche riuscii a risalire a quel magnifico strumento» .

Tocchiamo una questione delicata te: le opportunità di lavoro per lei sono ridotte.
«Purtroppo sì, chi gestisce il mondo dello spettacolo mi ha fatto ferra bruciata tutto intorno. A parte le scuse di comodo che inventano, il motivo sta nel fatto che fin dagli' anni '70 non mi sono voluto - con la mia arte - schierare politicamente, non ho partecipato a spettacoli di protesta e non ho vo¬luto cavalcare una certa onda proprio perché l'arte deve stare sopra a tutto. È incredibile pensare che, tanto per dirne uno, il "Centro Flog tradizioni popolari" non mi abbia mai chiamato una volta»

.. Parallelamente alle altre attività, al Castello di Lamole, nel cuore del Chianti, Marasco ha voluto ricreare un ambiente dove far rivivere la tradizione della convivialità in Toscana.

Nei pressi di un incantevole borgo ha ricavato da un pittoresco fienile il ristorante "Aia dei canti", dove mostra ai suoi ospiti le antiche tradizioni toscane culinarie e culturali. Come accadeva nei tempi passati, quando la cena era occasione di incontro, il musicista offre alle persone spettacoli ad hoc, in cui infonde tutto il proprio amore per la sua terra.

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giovedì 16 aprile 2009

Il Guestbook

Da oggi si inaugura il Guestbook del blog di Riccardo Marasco!


Lasciate un commento, una critica o un semplice saluto...
Qualsiasi cosa vi
passi per la testa
o vogliate comunicare al fiorentino DOC. Riccardo Marasco!




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sabato 11 aprile 2009

Libero - Alla ricerca del tesoro nascosto delle Laudi… (10-4-09)

da Libero del 10 aprile 2009


Alla ricerca del tesoro nascosto dalle laudi del Magnifico a oggi
di Antonio Socci

KM8K3163«Cristo me trae tutto, tanto è bello». Le parole fiammeggianti di Jacopone, che riflettono il cuore ancor più ardente di Francesco d’Assisi, stanno agli inizi di quell’esplosione di gioia che sono le laudi. Che si fanno piene di dolore e compassione di fronte allo strazio di Gesù crocifisso. Angelo Branduardi ripropone in concerto in questi giorni il suo repertorio francescano. Così come Ambrogio Sparagna aveva fatto con i canti popolari natalizi a fine anno all’Auditorium di Roma.

Ma chi veramente, da decenni, ha riscoperto e ripropone i tesori della musica popolare e cristiana, per beltà paragonabili alle nostre chiese romaniche e alle pale d’altare, è Riccardo Marasco. Vero pioniere e straordinario interprete per le doti vocali che lo hanno portato a cantare in tutto il mondo. Gli chiediamo allora di guidarci fra le laudi sulla Passione di Gesù.

Posso citare alcuni incipit che già ce le fanno assaporare. Per esempio dal codice Magliabechiano (sec. XIII) “Omne homo ad alta voce - laudi la verace croce”. Oppure “De la crudel morte de Cristo - ognun pianga amaramente” dal Codice Cortonese (sec. XIII). Bellissime sono anche “O maligno e duro core” di Lorenzo de’ Medici (sec. XV), “Gesù sommo conforto”, di fra’ Girolamo Savonarola (sec. XV) e poi “O fieri flagelli che al mio buon Signore”, di sant’Alfonso de’ Liguori (sec.XVIII). Ma anche “Stava Maria dolente senza respiro e voce”, di Anonimo del sec. XIX. Quella di Lorenzo e quella di fra’ Girolamo sono delle meditazioni sulle piaghe davanti al crocifisso».

Non mi stupisce il Savonarola, ma Lorenzo il Magnifico in genere viene descritto come un autore già vicino al paganesimo rinascimentale… Invece qui ne scopriamo la fede?

«Secondo me la profonda fede di Lorenzo è stata volutamente nascosta dalla storiografia positivista e anticlericale. Si è arrivati fino a “dimenticare” documenti inconfutabili. Anche il contrasto Savonarola-Lorenzo è stato “pompato” ed io di solito, nei miei concerti, presento le due laudi una dopo l’altra, volutamente! Quella del Savonarola è quasi una profezia della sua fine al rogo, da lui quasi cercata!».

Mentre l’ultima composizione anonima che hai citato?

«L’ultima appartiene al filone degli Stabat Mater tanto diffusi nella tradizione popolare anche dialettale».

I canti recuperati dal Codice Magliabechiano o dal Cortonese, in notazione gregoriana, sono stati studiati e decifrati circa ottant’anni fa da Liuzzi, ma - per quanto se ne sa - nessuno prima di te aveva realizzato una interpretazione ed esecuzione monodica e ancor meno come cantore solista (lo stesso dicasi per Lorenzo e per il Savonarola). Perché?

«Perché nessuno ha cercato di ridare dignità alla voce del cantore tanto prediletta nel medioevo e nel rinascimento, ma si è dato valore ad esecuzioni polifoniche, anche se le seconde voci spesso si è dovuto ricostruirle perché non presenti sugli originali».

E tu hai così permesso a un vasto pubblico di riassaporare questo patrimonio…

«Certamente. Ho riproposto molte di quelle laudi nel corso degli anni in concerti per il mondo. Ricordo quello a Firenze sui canti della Passione in Santa Maria Novella, gremita di studenti, il 7 aprile del 1998. Ma vi sono tanti altri canti splendidi, già rintracciati nelle fonti, che non sono ancora stati portati alla conoscenza del pubblico».

Perché? Un repertorio così dovrebbe essere recuperato come si recuperano antichi dipinti o chiese…

«Sì, è vero. Ma io mi sono trovato pressoché solo. Le risorse pubbliche vanno in tutt’altra direzione. Nelle classi dirigenti non c’è amore per le ricchezze della nostra tradizione. E allora come puoi capire è inutile dedicare ore ed ore, giorni e giorni, su repertori che poi non verranno mai richiesti né dunque eseguiti».

È un vero peccato. Parlaci di una delle tue scoperte.

«Ad esempio ho ritrovato una laude fiorentina “O Maria diana stella” che è una incastonatura di immagini di Maria tratte dalle Sacre Scritture, le stesse che ritroviamo nella splendida laude “Dell’aurora tu sorgi più bella” di don Luigi Guida. Le ho riproposte tutte e due e recentemente diverse volte nella Basilica di San Marco per la Messa degli Artisti».

Tu sei stato il primo artista al mondo a ricevere il premio Beato Angelico, protettore degli artisti dal 1984, per volontà di Giovanni Paolo II. Ma, per tornare al tema, “Dell’aurora tu sorgi più bella” è una composizione notissima, tuttora cantata nelle chiese, che tu hai quasi trasformato in una forte e struggente canzone d’amore. Ho sentito la tua esecuzione, a voce spiegata, ed è fantastica.

«Sì, ne ho fatto un cavallo di battaglia, un brano da concerto. Questa canzone si è sempre sentita cantare strascicata, a fine messa, dalle “vecchiette” (con tutto il rispetto per la loro splendida fede). Io ne ho fatto una canzone d’amore per la Donna più bella della storia perché tale è. È l’interpretazione che talvolta rivela un brano all’attenzione di tutti ed io come per altri canti mariani l’ho sentita come una serenata popolare».

A proposito della canzone popolare (che spesso è canzone d’amore, ma anche giocosa e di festa), anche lì sei andato a recuperare un patrimonio antico e bellissimo…

«Fra i canti del mio repertorio vernacolare e no, sono particolarmente affezionato a “Bella mia questo mio core” splendida canzone del ’500 fiorentino (probabilmente di origine napoletana) che eseguii e pubblicai già nel 1977».

La nostra gente toscana ha tradizioni che affondano nella cultura più alta: per esempio Dante.

«Certo! Ancora nelle edizioni ottocentesche di stornelli e rispetti della tradizione popolare che si vendevano alle fiere e ai mercati (e oggi l’Almanacco “Sesto Caio Baccelli”) si continuavano a stampare nelle ultime pagine i testi di canti del tre-quattrocento la cui musica era tramandata oralmente. Fra questi spesso si trovavano ancora testi del Poliziano, di Baldassarre Olindo da Sassoferrato, dell’Aquilano, o del Magnifico, assieme ai maggi, alle befanate o alle storie sacre o profane in ottava rima di poeti minori e come tali anonimi. Pertanto dire che la prima canzone popolare italiana sia “Tu scendi dalle stelle” di s. Alfonso de’ Liguori (1696-1787) è una trovata degli uffici stampa che devono costruire successi mediatici».

È una polemica con l’intervista che feci a Natale ad Ambrogio Sparagna che avanzò questa tesi. Non la condividi?

Nessuna polemica con lui. Semmai con chi alimenta questa tesi. Il primo sacerdote dei tempi moderni che introdusse una diffusa pratica musicale e vocale fra i giovani contribuendo al diffondersi di un corpus di canti su scala nazionale fu san Filippo Neri, fiorentino (Firenze 1515 - Roma 1595). Filippo, portando con sé l’esperienza delle medievali compagnie fiorentine dei laudesi, frequentate da fanciullo in San Marco, dai Padri Domenicani, ove appena trent’anni prima aveva vissuto il Savonarola (e prima di lui il Beato Angelico), dette vita in tutta Italia agli Oratori dei Padri Filippini, a cominciare proprio dal suo oratorio romano. Esperienza che sarebbe approdata in seguito alla forma musicale detta appunto dell’Oratorio Musicale».

Sei davvero preparatissimo ma perché i tuoi concerti non hanno il successo di altri?

«Beh, oggi chi decide il successo è la politica che ha i mezzi per promuovere o bloccare un artista».

Oggi pure quelli di sinistra hanno scoperto i canti della religiosità popolare.

Siamo di fronte a performance su repertori che per decenni sono stati di nicchia, perché solo il canto popolare sociale e di protesta ha avuto spazio nella cultura di sinistra che dagli anni Sessanta domina il mondo italiano della cultura e dello spettacolo. Quando si addentrano nel repertorio non sociale, ancor peggio se religioso (e da qualche anno fa gioco a tutti i settori carezzare la religiosità degli elettori!) dicono quello che vogliono perché pochi ormai sono professionalmente sopravvissuti dopo tanti anni di strapotere e dunque in grado di efficacemente controbattere. Del resto in Toscana quel potere politico si dimostra ancora poco interessato a questo repertorio, anche a quello popolare».

Cioè? Un esempio…

«Per dirne una. Nel 1999 al Comune di Firenze, per celebrare l’imminente Giubileo, presentai un progetto di Corpus di Antiche Laudi “Jubilate in suoni e canti”: fu cestinato»

Ma la gente le apprezzerebbe?

«La gente comune capisce il bello. Non ha bisogno di spiegazioni. Ascoltare quelle laudi, diceva San Filippo Neri, è più coinvolgente di qualsiasi predica. La commozione per Cristo prende il cuore e la mente».

Antonio Socci
www.antoniosocci.it

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venerdì 3 aprile 2009

Non si dimentichi di cantare...

Tanti anni fa, mentre ero alla ricerca, come si usa dire, della strada della mia vita, sul treno Firenze-Roma, in viaggio verso un’ennesimo provino discografico, conobbi una persona quasi irreale, un soffio di poesia, una anziana signora che, prima di scendere a Terontola e lasciarci per sempre consapevoli che non ci saremmo mai più rivisti mi disse:Verranno giorni che attorno a lei vi sarà grande tristezza allora non si dimentichi di cantare, prenda la chitarra e canti!

(Vedi “Il cantinpanca” sul settimanale “La Chiacchiera”, Firenze 1967).


Quei “giorni” son forse quelli che viviamo adesso? Cantiamo !



Con quest’aria che tira
non sono certo tempi da sprecare.
Guai a perdere la mira
e l’obbiettivo che si vuol centrare:
“Raggiungere indenni il fine mese
con qualche soldo in tasca
e non ridotti al verde come frasca!”

E dunque a un ristorante
non ci si può più andare a consumare
quel poco di contante
che ancor ti resta in tasca a tintinnare.
Però puoi fare un salto da i’ Marasco


perché ‘un ce ne vuol tanti
per stare in allegria all’Aia dei Canti.

Infatti si è pensato
ad un menù per far festa fra amici
con costo risicato
perché ‘unn’è giusto, con tanti sacrifici,
negarsi anche due ore d’’allegrìa
a tavola co’un fiasco
e tre o quattro stornelli di’ Marasco.

Nel numero sta i’prezzo:
bisogna essere almeno una trentina
e, senza alcun lacchezzo
e senza saccheggiare la cantina,
si può mangiar con solo “venticinque“ !
Sì, sì, proprio così!
E ora mi dica perché la ‘un viene qui?



Quattro bruschette al forno,
affettati, due primi ed un secondo,
pane, dolce e contorno.
Vin rosso del migliore che c’è al mondo!
Due sonetti, strambotti, e stornellacci,
rispetti sopraffini,
di Livorno, di Siena, o fiorentini!

La dice che la’un pole?
“Venticinque” le paion troppi sposa ?
Ma allora icchè la vole?
La resti a casa a fare la spocchiosa,
tanto gli ho già capito:
lei resta a casa a ciucciassi i’dito…
…e verrà con la ganza (!) i’su’marito!


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