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sabato 11 aprile 2009

Libero - Alla ricerca del tesoro nascosto delle Laudi… (10-4-09)

da Libero del 10 aprile 2009


Alla ricerca del tesoro nascosto dalle laudi del Magnifico a oggi
di Antonio Socci

KM8K3163«Cristo me trae tutto, tanto è bello». Le parole fiammeggianti di Jacopone, che riflettono il cuore ancor più ardente di Francesco d’Assisi, stanno agli inizi di quell’esplosione di gioia che sono le laudi. Che si fanno piene di dolore e compassione di fronte allo strazio di Gesù crocifisso. Angelo Branduardi ripropone in concerto in questi giorni il suo repertorio francescano. Così come Ambrogio Sparagna aveva fatto con i canti popolari natalizi a fine anno all’Auditorium di Roma.

Ma chi veramente, da decenni, ha riscoperto e ripropone i tesori della musica popolare e cristiana, per beltà paragonabili alle nostre chiese romaniche e alle pale d’altare, è Riccardo Marasco. Vero pioniere e straordinario interprete per le doti vocali che lo hanno portato a cantare in tutto il mondo. Gli chiediamo allora di guidarci fra le laudi sulla Passione di Gesù.

Posso citare alcuni incipit che già ce le fanno assaporare. Per esempio dal codice Magliabechiano (sec. XIII) “Omne homo ad alta voce - laudi la verace croce”. Oppure “De la crudel morte de Cristo - ognun pianga amaramente” dal Codice Cortonese (sec. XIII). Bellissime sono anche “O maligno e duro core” di Lorenzo de’ Medici (sec. XV), “Gesù sommo conforto”, di fra’ Girolamo Savonarola (sec. XV) e poi “O fieri flagelli che al mio buon Signore”, di sant’Alfonso de’ Liguori (sec.XVIII). Ma anche “Stava Maria dolente senza respiro e voce”, di Anonimo del sec. XIX. Quella di Lorenzo e quella di fra’ Girolamo sono delle meditazioni sulle piaghe davanti al crocifisso».

Non mi stupisce il Savonarola, ma Lorenzo il Magnifico in genere viene descritto come un autore già vicino al paganesimo rinascimentale… Invece qui ne scopriamo la fede?

«Secondo me la profonda fede di Lorenzo è stata volutamente nascosta dalla storiografia positivista e anticlericale. Si è arrivati fino a “dimenticare” documenti inconfutabili. Anche il contrasto Savonarola-Lorenzo è stato “pompato” ed io di solito, nei miei concerti, presento le due laudi una dopo l’altra, volutamente! Quella del Savonarola è quasi una profezia della sua fine al rogo, da lui quasi cercata!».

Mentre l’ultima composizione anonima che hai citato?

«L’ultima appartiene al filone degli Stabat Mater tanto diffusi nella tradizione popolare anche dialettale».

I canti recuperati dal Codice Magliabechiano o dal Cortonese, in notazione gregoriana, sono stati studiati e decifrati circa ottant’anni fa da Liuzzi, ma - per quanto se ne sa - nessuno prima di te aveva realizzato una interpretazione ed esecuzione monodica e ancor meno come cantore solista (lo stesso dicasi per Lorenzo e per il Savonarola). Perché?

«Perché nessuno ha cercato di ridare dignità alla voce del cantore tanto prediletta nel medioevo e nel rinascimento, ma si è dato valore ad esecuzioni polifoniche, anche se le seconde voci spesso si è dovuto ricostruirle perché non presenti sugli originali».

E tu hai così permesso a un vasto pubblico di riassaporare questo patrimonio…

«Certamente. Ho riproposto molte di quelle laudi nel corso degli anni in concerti per il mondo. Ricordo quello a Firenze sui canti della Passione in Santa Maria Novella, gremita di studenti, il 7 aprile del 1998. Ma vi sono tanti altri canti splendidi, già rintracciati nelle fonti, che non sono ancora stati portati alla conoscenza del pubblico».

Perché? Un repertorio così dovrebbe essere recuperato come si recuperano antichi dipinti o chiese…

«Sì, è vero. Ma io mi sono trovato pressoché solo. Le risorse pubbliche vanno in tutt’altra direzione. Nelle classi dirigenti non c’è amore per le ricchezze della nostra tradizione. E allora come puoi capire è inutile dedicare ore ed ore, giorni e giorni, su repertori che poi non verranno mai richiesti né dunque eseguiti».

È un vero peccato. Parlaci di una delle tue scoperte.

«Ad esempio ho ritrovato una laude fiorentina “O Maria diana stella” che è una incastonatura di immagini di Maria tratte dalle Sacre Scritture, le stesse che ritroviamo nella splendida laude “Dell’aurora tu sorgi più bella” di don Luigi Guida. Le ho riproposte tutte e due e recentemente diverse volte nella Basilica di San Marco per la Messa degli Artisti».

Tu sei stato il primo artista al mondo a ricevere il premio Beato Angelico, protettore degli artisti dal 1984, per volontà di Giovanni Paolo II. Ma, per tornare al tema, “Dell’aurora tu sorgi più bella” è una composizione notissima, tuttora cantata nelle chiese, che tu hai quasi trasformato in una forte e struggente canzone d’amore. Ho sentito la tua esecuzione, a voce spiegata, ed è fantastica.

«Sì, ne ho fatto un cavallo di battaglia, un brano da concerto. Questa canzone si è sempre sentita cantare strascicata, a fine messa, dalle “vecchiette” (con tutto il rispetto per la loro splendida fede). Io ne ho fatto una canzone d’amore per la Donna più bella della storia perché tale è. È l’interpretazione che talvolta rivela un brano all’attenzione di tutti ed io come per altri canti mariani l’ho sentita come una serenata popolare».

A proposito della canzone popolare (che spesso è canzone d’amore, ma anche giocosa e di festa), anche lì sei andato a recuperare un patrimonio antico e bellissimo…

«Fra i canti del mio repertorio vernacolare e no, sono particolarmente affezionato a “Bella mia questo mio core” splendida canzone del ’500 fiorentino (probabilmente di origine napoletana) che eseguii e pubblicai già nel 1977».

La nostra gente toscana ha tradizioni che affondano nella cultura più alta: per esempio Dante.

«Certo! Ancora nelle edizioni ottocentesche di stornelli e rispetti della tradizione popolare che si vendevano alle fiere e ai mercati (e oggi l’Almanacco “Sesto Caio Baccelli”) si continuavano a stampare nelle ultime pagine i testi di canti del tre-quattrocento la cui musica era tramandata oralmente. Fra questi spesso si trovavano ancora testi del Poliziano, di Baldassarre Olindo da Sassoferrato, dell’Aquilano, o del Magnifico, assieme ai maggi, alle befanate o alle storie sacre o profane in ottava rima di poeti minori e come tali anonimi. Pertanto dire che la prima canzone popolare italiana sia “Tu scendi dalle stelle” di s. Alfonso de’ Liguori (1696-1787) è una trovata degli uffici stampa che devono costruire successi mediatici».

È una polemica con l’intervista che feci a Natale ad Ambrogio Sparagna che avanzò questa tesi. Non la condividi?

Nessuna polemica con lui. Semmai con chi alimenta questa tesi. Il primo sacerdote dei tempi moderni che introdusse una diffusa pratica musicale e vocale fra i giovani contribuendo al diffondersi di un corpus di canti su scala nazionale fu san Filippo Neri, fiorentino (Firenze 1515 - Roma 1595). Filippo, portando con sé l’esperienza delle medievali compagnie fiorentine dei laudesi, frequentate da fanciullo in San Marco, dai Padri Domenicani, ove appena trent’anni prima aveva vissuto il Savonarola (e prima di lui il Beato Angelico), dette vita in tutta Italia agli Oratori dei Padri Filippini, a cominciare proprio dal suo oratorio romano. Esperienza che sarebbe approdata in seguito alla forma musicale detta appunto dell’Oratorio Musicale».

Sei davvero preparatissimo ma perché i tuoi concerti non hanno il successo di altri?

«Beh, oggi chi decide il successo è la politica che ha i mezzi per promuovere o bloccare un artista».

Oggi pure quelli di sinistra hanno scoperto i canti della religiosità popolare.

Siamo di fronte a performance su repertori che per decenni sono stati di nicchia, perché solo il canto popolare sociale e di protesta ha avuto spazio nella cultura di sinistra che dagli anni Sessanta domina il mondo italiano della cultura e dello spettacolo. Quando si addentrano nel repertorio non sociale, ancor peggio se religioso (e da qualche anno fa gioco a tutti i settori carezzare la religiosità degli elettori!) dicono quello che vogliono perché pochi ormai sono professionalmente sopravvissuti dopo tanti anni di strapotere e dunque in grado di efficacemente controbattere. Del resto in Toscana quel potere politico si dimostra ancora poco interessato a questo repertorio, anche a quello popolare».

Cioè? Un esempio…

«Per dirne una. Nel 1999 al Comune di Firenze, per celebrare l’imminente Giubileo, presentai un progetto di Corpus di Antiche Laudi “Jubilate in suoni e canti”: fu cestinato»

Ma la gente le apprezzerebbe?

«La gente comune capisce il bello. Non ha bisogno di spiegazioni. Ascoltare quelle laudi, diceva San Filippo Neri, è più coinvolgente di qualsiasi predica. La commozione per Cristo prende il cuore e la mente».

Antonio Socci
www.antoniosocci.it



1 commenti:

simona speranza,  14 aprile 2009 alle ore 10:01  

che bella questa intervista Riccardo.... che dire, ci lasci sempre a bocca aperta... sei la ns. "enciclopedia"!!!!!
Vedi però che anche il Socci di invita a non far perdere queste tradizioni.... vedi che non te lo diciamo solo noi che siamo "di parte"!!!
Grazie Riccardo per tutto quello che fai...

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