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venerdì 17 aprile 2009

In-forma Firenze - "Riccardo Marasco ultimo paladino del patrimonio vocale"

Da In-forma Firenze dell'aprile 2009
di Luca Campostrini

È indubbiamente la voce più significativa della musica tradizionale toscana, ma soprattutto è un vero cultore dell'antico patrimonio vocale italiano. Ricercatore di antichi brani di musica popolare, Riccardo Marasco è altresì laureato in Ingegneria Elettronica e ha frequentato corsi di Teologia per laici. I non comuni mezzi vocali che possiede gli consentono di sconfinare con estrema disinvoltura dal genere sentimentale al comi¬co, dal popolare al colto, dal religioso al politico.

Informa Firenze - Riccardo MarascoDottor Marasco, le dà maggior soddisfazione riuscire a trovare una canzone che si considerava persa per sempre, oppure comporre un nuovo brano?
«Direi il ritrovamento di vecchi testi, perché capisco subito se ciò che ho recuperato è importante, Quando componi invece non senti mai concluso il lavoro, ci ritorni sempre e spesso devono passare anni prima di avere la conferma dal pubblico che la tua canzone ha fatto centro».

Si considera più interprete o più autore?
«Mi considero perlopiù inter¬prete, perché nel aiuto metto il cuore. Per me il canto è interpretazione, non virtuosismo: del classico "do di petto", dovendo scegliere, non me ne importa niente, se uno lo fa, tanto meglio».

Pregi e difetti di Riccardo Marasco?
«Un difetto forse è stato quello di sperare di poter fare la mia strada senza dover rendere conto ad altri, pensando ad esempio: "Non mi vuoi? Faccio a meno di te, vado avanti da solo". Invece non vai avanti, . perché siamo in Toscana, in un sistema che avrebbe bisogno di sinergie e invece è fatto da persone che non vogliono collaborare, c'è solo un gran¬de e sterile individualismo, un isolamento che non porta vantaggi a nessuno».

Un suo pregio?
«Non sono mai cattivo, non ho mai avuto astio o invidia verso il mio prossimo».

Scegliere la via dell'arte. le creò disagi agli inizi?
«Sì nella misura in cui la mia famiglia non ne voleva sapere: i parenti si vergognavano di me, strappavano addirittura le recensioni sui giornali che mi riguardavano. Arrivai al punto di esibirmi - quando' ero a Firenze al "Cab 65", che avevo inaugurato con Caterina Bueno - con lo pseudonimo "Mario" in locandina, affinché loro non mi riconoscessero».

Come si coniuga in lei l'inclinazione per la razionalità, testimoniata dalla laurea in Ingegneria Elettronica, con l'arte e la cultura?
«Mi ha sempre affascinato la mentalità pragmatica dei.ma¬tematici. Detto questo, scelsi Ingegneria perché ai miei oc¬chi rappresentava la sicurezza . per il futuro, ma è stata una fatica enorme perché la mia natura era la musica Ad ogni modo i lunghi studi scientifici mi hanno lasciato una grande forma mentale per le ricerche; sono rimasto• ingegnere in quanto a capacità di metodo¬logia, di applicazione».

I corsi di. Teologia cosa le hanno lasciato?
«Mi hanno rinforzato nella fede e mi hanno lasciato una stabilità di struttura morale che mi ha permesso di lottare oltre la delusione».

Come entrò in contatto con la chi1arra-1yra, l'ormai fumoso strumento a forma di piuma con cui lei spesso si esibisce?
«Attraverso le carte di mio bisnonno scoprii che era esistito un personaggio, Italo Meschi, un musico-cantore che visse in Lucchesia fra 1"800 e il '900, che aveva posseduto una chitarra Lyra detta "Ala d'aquila". la cosa. mi interessò e dopo innumerevoli ricerche riuscii a risalire a quel magnifico strumento» .

Tocchiamo una questione delicata te: le opportunità di lavoro per lei sono ridotte.
«Purtroppo sì, chi gestisce il mondo dello spettacolo mi ha fatto ferra bruciata tutto intorno. A parte le scuse di comodo che inventano, il motivo sta nel fatto che fin dagli' anni '70 non mi sono voluto - con la mia arte - schierare politicamente, non ho partecipato a spettacoli di protesta e non ho vo¬luto cavalcare una certa onda proprio perché l'arte deve stare sopra a tutto. È incredibile pensare che, tanto per dirne uno, il "Centro Flog tradizioni popolari" non mi abbia mai chiamato una volta»

.. Parallelamente alle altre attività, al Castello di Lamole, nel cuore del Chianti, Marasco ha voluto ricreare un ambiente dove far rivivere la tradizione della convivialità in Toscana.

Nei pressi di un incantevole borgo ha ricavato da un pittoresco fienile il ristorante "Aia dei canti", dove mostra ai suoi ospiti le antiche tradizioni toscane culinarie e culturali. Come accadeva nei tempi passati, quando la cena era occasione di incontro, il musicista offre alle persone spettacoli ad hoc, in cui infonde tutto il proprio amore per la sua terra.



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