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giovedì 5 novembre 2009

Ieri 4 novembre...

Ieri 4 novembre ho trovato con piacere su Facebook svariati post che invitavano a celebrare la memoria
dell’anniversario del giorno della grande alluvione del 1966. Mi ha commosso vedere che erano quasi tutti pubblicati da giovani che quel giorno non erano neppure nati. Fra questi ho visto con piacere il post di uno dei miei fansclub, quello della “Mandola di Mafaldo”, senza dubbio il più vivace, e addirittura di mio figlio Mattia, nato addirittura venti anni dopo!

Ho capito che un uomo ha il dovere di testimoniare i suoi tempi per contribuire con i ricordi del suo vissuto alla consapevolezza e alla conoscenza della storia, talvolta anche cadendo in un noioso ripetersi . Repetita iuvant ! E come disse Dante: “Non fa scienza senza lo ritener l’avere inteso” (Paradiso V, 41-2). E’ talmente scollato l’odierno rapporto generazionale che resto sorpreso di scoprire nei giovani il desiderio di conoscere gli eventi del passato da chi li ha vissuti, la stessa esigenza che in fondo fece di me un assetato di storia di qualunque argomento.

Caro Mattia, essendomi ormai adeguato anch'io a comunicare, come voi giovani, attraverso la rete, ti farò partecipe di un mio vissuto evitando di parlartene a tavola o in altro momento della nostra convivenza familiare, evitandomi così di sentirmi noioso, barboso, ripetitivo, fuori luogo, in poche parole di essere rimosso dalla tua attenzione.
Quella grande avventura che fu la rinascita di Firenze alluvionata vide protagonisti tanti giovani, dall’adolescenza agli anni della maturità, venuti da tutto il mondo. Allora, (già 43 anni fa), si era maggiorenni a 18, si votava a 21, per il senato a 24, e ritenuti maturi alla fine degli studi superiori, dopo il servizio di leva! Molti di quegli “Angeli del fango” avevano più o meno l'età che tu hai oggi, moltissimi erano minorenni e addirittura adolescenti e venivano spontaneamente da tutto il mondo. Non vi era allora la “Protezione Civile” con la sua rete di volontariato organizzato e una volta a Firenze quei generosi entusiasti dell’umanità e della cultura si dovettero appoggiare a delle strutture impostate, dirette e portate avanti per mesi e mesi da altri giovani volontari fiorentini. Noi ci facevamo carico di procurargli alloggio, viveri, vestiario da lavoro, attrezzi. Organizzavamo le loro giornate di lavoro assegnando i vari compiti e poi affiancandosi a loro.
Fra questi fiorentini ero io che mi trovai a dirigere il Centro Operativo Fiorentino assieme a Giannozzo Pucci, oggi intelligente editore, e Marco Cellai, oggi al Parlamento Europeo. Io che in quei giorni stavo terminando il servizio di leva, ma dovevo ancora terminare gli studi di ingegneria (mi mancava un esame e la tesi,) ero da ritenersi maturo? Secondo i ben pensanti no perchè mi ero buttato a capofitto in quell’avventura. Secondo me sì proprio perché ero riuscito a mantenere vivo dentro di me fino a quel momento il “fanciullino” che mi stava attirando in quell’avventura disinteressata, che era poi lo stesso che mi faceva cantare e comporre canzoni lontane da quelle in voga ma apprezzatissime da quella meravigliosa gioventù e che divennero la colonna sonora delle nostre serate al lume di candela dopo giornate estenuanti trascorse nel fango delle strade e delle cantine.
I quei mesi giunsi alla convinzione che avrei dovuto seguire la Musa e non l’Ingegnerìa.

E a riprova di quanto vi racconto, pubblico qui una pagina di giornale di quei giorni con un articolo dell’amico Giannozzo, che già allora anelava al giornalismo, alle pubblicazioni, all’editoria. Chissà se leggerà mai questo blog e si ricorderà di quei giorni in cui mi accompagnò a Milano alla ricerca dei favori di editori e discografici che mi apprezzavano ma trovavano il mio repertorio, le mie creazioni e interpretazioni fuori dai tempi e dal mercato. Fra gli addetti ai lavori che incontrammo. quello più favorevole, ma non abbastanza, fu una giovane ragazza esuberante già allora, che avrebbe fatto strada, Mara Maionchi!
 Clicca sull'immagine per ingrandire

Riccardo Marasco


Foto | Wikipedia

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lunedì 2 novembre 2009

La piazza adesso riderà serena

In questa piazza avea a passacci un treno 
e a San Giovanni far barba e capelli:
giungea dalla Stazione e in un baleno
come un siluro entrava in via Martelli.
     Per far quella curva   -  tiravano i’ freno
     e un sibilo avrebbe    -  spaccato i cervelli 
La piazza adesso riderà  serena
com’a San Marc’o in quel di’ Campo a Siena.

Attorno a i’ Domo tu puoi passeggiare
e rimirarlo tutto notte ‘e giorno.
Lo sguardo a i’ Cupolone puoi innalzare
senza sentirti gli autobus dintorno.
        Or ti puoi fermare    -   e attento ammirare
          il grande portone       -   tutto d’oro adorno,
e i’ Campanil di Giotto e i’ Battistero

senza rischia’ d’andare a i’ cimitero.

Da ogni strada che gli sbuca in piazza  
arriveranno a frotte i fiorentini.
I giovan verran con la ragazza        
e i nonni ci verran coi nipotini .   
     Verran da lontano,      -  di qualunque razza,
     verranno a imparare   -   da noi fiorentini
perché questa città  la s’è inventata   
per dar di pace al mondo una ventata!

Riccardo Marasco

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